In passato la misura dello scorrere del tempo era ottenuta principalmente con la clessidra che nell’arco della giornata doveva essere sincronizzata con l’ora locale astronomica, quella indicata dal Sole di giorno o dalle stelle di notte.
Di giorno, se il cielo non era coperto, si ricorreva al passaggio al meridiano del Sole, mentre di notte si impiegava un orologio notturno noto come notturlabio, notturnale in italiano, nocturnal, nocturne in inglese o nocturlabe in francese.
La prima descrizione dello strumento si deve al maiorcano Raimondo Lullo (1232-1316) che lo definisce astrolabium nocturnum o sphaera horarum noctis, ma il suo maggiore impiego si ebbe con il ‘500, soprattutto nel Mediterraneo, per essere poi abbandonato con l’avvento del cronometro marino intorno alla metà del XVIII secolo.
Comunemente fatto di ottone o legno, quest’ultimo più diffuso per il minore costo, consisteva di tre parti: un cerchio più grande dotato di manico per sostenerlo, fornito lungo il bordo dei mesi e giorni dell’anno; un cerchio più piccolo riportante le ore, chiamato volvella, e un regolo chiamato braccio o alidada. Volvella e braccio erano tenuti insieme, con la possibilità di ruotare, al disco più grande da un perno o rivetto centrale dotato di foro attraverso il quale veniva traguardata la Polare.
Numerosi furono i tipi prodotti, da quelli in cui la volvella riportava soltanto le ore notturne o era suddivisa in due gruppi di 12 ore, in qualche modello con i segni delle 12 individuabili al tatto per facilitarne il riconoscimento notturno. Il disco primario poteva includere, come in molti notturlabi del ‘500, anche una scala dei 12 segni dello Zodiaco e, a conferma di un secolo di superstizioni, i costruttori non disdegnavano di annotare giorni buoni e giorni cattivi. Non era rara la presenza di un secondo cerchio situato nella parte posteriore dello strumento sul quale erano disegnate alcune costellazioni come un planisfero.
Il principio di base del notturlabio è il moto apparente nelle 24 ore delle costellazioni intorno al polo, individuabile approssimativamente con la Polare, che abbiano però la caratteristica di non tramontare mai alla latitudine dell’osservatore, cioè siano circumpolari.
Dopo aver posizionato l’indice della volvella al giorno di osservazione, il navigante, mentre puntava la Polare attraverso il foro centrale, allineava il braccio secondo la linea Polare-Kochab, la seconda stella più luminosa della costellazione dell’Orsa Minore, circumpolare già alla latitudine di 15° N. L’ora veniva quindi letta dalla posizione assunta dal braccio sulla volvella. Nell’evoluzione comparvero notturnali con la volvella fornita di doppio indice per permettere la misura anche con l’allineamento della coppia di stelle Dubhe e Merak dell’Orsa Maggiore, circumpolari da 33° N.
L’impostazione del giorno di osservazione era dovuto alla necessità di sincronizzare le stelle prese come riferimento, ad esempio le guardie Dubhe e Merak, con l’orario del Sole. Infatti mentre l’ascensione retta, una delle due coordinate celesti indipendenti dal moto della sfera celeste e dalla posizione dell’osservatore, per le stelle varia pochissimo nel tempo, per il Sole, a causa del moto di rivoluzione della Terra, varia nell’arco dell’anno.
Così esiste un periodo (inizi di settembre per l’Orsa Maggiore e novembre per l’Orsa Minore) in cui le stelle passano al meridiano superiore a mezzanotte, cioè quando il Sole è contemporaneamente all’antimeridiano. In tale periodo l’osservatore può valutare le ore prima e dopo la mezzanotte dalla posizione delle guardie rispetto al meridiano. Dopo un mese il passaggio al meridiano anticiperà di 360°/12 mesi = 30°, pari a 2 ore, mentre dopo 15 giorni l’anticipo sarà di 1 ora.
A un valido principio teorico si contrapponevano diverse cause di errore tra cui le difficoltà di traguardare dal ponte di una nave in movimento la Polare e contemporaneamente prendere l’allineamento delle stelle con l’alidada e per l’imperfezione dei riferimenti sui cerchi dello strumento. Nonostante ciò la maggior parte dei piloti erano in grado di utilizzare il notturlabio con un errore sulla misura del tempo di +/- 15 minuti.