Nel V sec a.C. lo gnomone, dal greco “colui che giudica”, era probabilmente l’unico strumento disponibile per studiare i movimenti del Sole e per indicare, nelle meridiane, l’ora durante il giorno.
Nella periodicità dei movimenti dell’astro gli astronomi avevano potuto riconoscere le posizioni dei solstizi e degli equinozi, ma come fare con uno strumento così elementare a misurare gli istanti in cui tali fenomeni avvengono per poterne comprendere la ciclicità? I solstizi d’estate e d’inverno corrispondono rispettivamente ai momenti in cui la declinazione del Sole è massima o minima e ciò accade, nel luogo di osservazione non necessariamente a mezzogiorno, anzi il fenomeno potrebbe anche non essere osservato potendo verificarsi durante il corso della notte. L’unico modo allora disponibile era quello di eseguire la misura dell’ombra alla culminazione del Sole per più giorni consecutivi e poi eseguire un’interpolazione dei valori rilevati. A questo si devono aggiungere alcuni ulteriori ostacoli all’accuratezza nella individuazione degli istanti di accadimento dei fenomeni celesti: l’ombra dello gnomone non è certo il massimo della precisione non avendo contorni netti e al solstizio la declinazione del Sole varia di appena 10′ in 6°-7° di spostamento dell’astro corrispondente all’arco di tempo di una settimana (ogni giorno il Sole si sposta di circa 1°). Non a caso Il termine solstizio deriva dal latino solstĭtĭum, composto da sōl – Sole, e sistĕre – fermarsi.
Dovendo riconoscere la periodicità del ciclo solare (quello che è noto come anno tropico o anno solare, cioè il tempo impiegato dal Sole per tornare nella stessa posizione vista dalla Terra, cioè il ciclo delle stagioni), era meglio osservare gli equinozi durante i quali la declinazione del Sole è più rapida (circa 24′ in un giorno). Tolomeo nel suo Almagesto ci fornisce informazioni sugli strumenti adoperati. Per una maggiore precisione dell’ombra descrive un particolare quadrante per la misura dell’altezza del Sole, mentre per il rilevamento degli equinozi fa riferimento ad un anello, che attribuisce a Ipparco, opportunamente inclinato e orientato, la cui ombra è tipicamente un’ellisse, assumendo la forma di un segmento solo in corrispondenza degli equinozi.