La clessidra è un dispositivo di misura del tempo di passaggio per caduta di acqua o sabbia tra due ampolle di vetro.
Anticamente noto come clepsidra, termine di origine greca la cui etimologia significa dedurre acqua, essa trovò impiego in epoca classica per segnare lo scandire del tempo in particolari circostanze come turni di guardia e nell’attività forense. Quando poi la sabbia sostituì l’acqua tali orologi furono detti clepsamie, un termine ormai scomparso. In inglese le clessidre sono indicate genericamente come hourglass e poiché quelli a sabbia hanno in effetti soppiantato quelli ad acqua il termine più diffuso nella lingua anglosasone è sandglass.
A causa della fragilità del vetro delle ampolle, non ci sono pervenuti esemplari antecedenti il XVI secolo, mentre rappresentazioni iconografiche ad oggi catalogate si riferiscono al IV secolo. Una successiva testimonianza si ritrova solo nel ‘300 nell’Allegoria del Buon Governo (1338-1339) di Ambrogio Lorenzetti, un affresco della Sala dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena.
Invece le prime notizie documentate della presenza sulle navi di una clessidra (marine sandglass) si ritrovano negli inventari di bordo di unità del XIV secolo, ma con molta probabilità erano in uso già molto tempo prima.
Ne esistevano di varie dimensioni e quindi diverso intervallo e diversa accuratezza e quindi costo.
Vi erano clessidre da 4 ore, alte anche 60 cm, da mezz’ora di circa 30 cm e quelle da mezzo minuto e anche meno, di circa 12 cm.
L’accuratezza dipendeva sia dalla precisione di costruzione sia , soprattutto, dal tipo di sabbia impiegata. Limatura di ferro o guscio d’uovo in polvere, erano le sostanze delle clessidre più economiche, molto sensibili alla salsedine e all’umidità, mentre gli orologi più accurati prevedevano polvere di marmo macinata finemente in un mortaio, quindi bollita nel vino, essiccata, rimacinata e setacciata nove o dieci volte.
In ogni caso la precisione era piuttosto scarsa tanto da ricorrere alla media di due o tre clessidre girate contemporaneamente e non mancarono tentativi di miglioramento come quello di Daniel Bernoulli (1700-1782) di una clessidra sferica con fori distribuiti uniformemente allo scopo di avere uno scorrimento della sabbia il più uniforme possibile anche con diverse inclinazioni della nave.
La clessidra da mezz’ora, posta di lato alla bussola, veniva prontamente voltata dal timoniere. Otto ampollette, così era chiamato tale orologio (in igl. glass), costituivano una guardia (quattro ore). Al termine di ogni mezz’ora era anche rilevato e segnato sul giornale di chiesuola quelli che nell’800 erano detti arie di vento, una delle trentadue divisioni della rosa dei venti per poter calcolare la rotta.
Invece le ampollette più piccole da 30 s e anche meno erano impiegate per valutare la velocità della nave, un dato importante quanto conoscere la rotta indicata dalla bussola, informazioni che, insieme alla stima dello scarroccio e agli effetti delle correnti, permettevano di ottenere il punto stimato (dead reckoning).
Per una misura precisa della velocità erano impegnati due marinai, sincronizzati con opportuni comandi vocali: mentre uno controllava lo scorrere della sabbia l’altro contava lo scorrere dei nodi della sagola della barchetta filata fuori bordo.
L’informazione di velocità veniva quindi annotata, insieme agli altri dati di navigazione, sul giornale di bordo (logbook in ingl. tanto che la clessidra impiegata era detta log glass).
Tra le espressioni marinaresche che fanno riferimento alla clessidra vi era quella dei timonieri che mangiavano la sabbia quando per andare a mangiare o a dormire giravano l’ampolletta prima del tempo.