La volvella, un termine derivato probabilmente dal latino volvere, ruotare (non a caso fu anche la denominazione attribuita alla primitiva bussola), è il nome di particolari artifici costituiti da uno o più dischi di vario materiale, girevoli intorno a un perno, impiegati per svariati scopi, come prodotto ludico, ausilio didattico, come abaco.
Comparse nel Medioevo, la maggiore diffusione delle volvelle si ebbe con l’avvento della stampa (1455), soprattutto nei testi con contenuto “scientifico” (inteso non nell’uso moderno) che nel ‘500 e ‘600 erano ricchi di illustrazioni capaci di estendere e completare quanto veniva trattato dall’autore. Tipicamente di carta o pergamena, la volvella era fissata a una pagina del libro che la conteneva ovvero veniva lasciato al lettore il compito di ritagliarla e costruirla.
Gli argomenti trattati di particolare interesse furono quelli di Cosmografia, un termine risalente alla seconda metà del ‘300, capace di coniugare la geografia con l’astronomia sferica, la parte dell’astronomia indirizzata allo studio delle posizioni apparenti e dei moti dei corpi celesti, con cui apprendere quelle nozioni utili a compilare oroscopi e predire gli effetti delle eclissi solari e lunari sulla salute dell’uomo.
Con le esplorazioni di nuove terre e di nuovi popoli si ebbe un particolare interesse verso l’astronomia da parte di quei lettori (cresciuti con l’avvento della stampa), spesso autodidatti soprattutto nella matematica, desiderosi di accrescere le basi teoriche della navigazione celeste per sentirsi più partecipi delle esplorazioni di regioni del mondo ancora sconosciute.
Così astronomi come l’inglese Johannes de Sacrobosco (1195-1256), il tedesco Petrus Apianus (1495-1552) e l’olandese Gemma Frisius (1508-1555) pubblicarono testi divulgativi di Cosmografia, inserendo diagrammi, illustrazioni e strumenti di carta, appunto le volvelle.
Le immagini qui riportate, tratte dal Cosmographicus liber (1524) di Apianus, riguardano una volvella quale ausilio didattico nella comprensione del notturlabio, indicato come Instrumentum syderale, con cui determinare l’ora di notte. Nel testo l’autore si rivolge in maniera diretta a un pubblico autodidatta offrendo loro, attraverso alcuni dispositivi mobili, la possibilità di compiere autonomamente semplici osservazioni astronomiche. Sotto l’aspetto didattico ed editoriale si trattò di un’idea vincente a tal punto che i metodi didattici di Apianus trovarono un seguito nei primi testi dedicati alla formazione dei marinai e piloti come il Breve compendio de la sphera y de la arte de navegar (1551) dello spagnolo Martín Cortés (1510-1582), un umanista con scarsa esperienza di navigazione e il più completo Arte de navegar (1545) del cartografo e cosmografo reale spagnolo Pedro de Medina (1493-1567).